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Siamo felici e onorati di pubblicare il ricordo degli anni al Liceo che il Maestro Giuseppe Tornatore ci ha voluto regalare. 

 


Peppuccio Tornatore, figlio di Peppino, esponente di primo piano del movimento sindacale e cooperativo, e fratello di Francesco, ch’era stato leader del movimento studentesco bagherese, era il più giovane del gruppo e frequentava ancora il liceo classico.
La scuola dei primi anni ’70 veniva fuori da grandi contestazioni e cominciava lentamente a cambiare: con i Decreti Delegati che introducevano studenti e genitori nella vita scolastica vi era un clima di apertura al nuovo. Il preside del Liceo “Francesco Scaduto” Giuseppe Spatafora incoraggiava varie attività culturali; con un finanziamento del Comune aveva acquistato un pianoforte potendo così organizzare concerti di musica classica (con il maestro Salvatore Lo Cicero) e spesso invitò Gioacchino Lanza-Tomasi perché parlasse delle grandi opere del melodramma e, soprattutto, preparasse gli studenti al loro ascolto.
Ma il preside assecondò anche Peppuccio Tornatore che, al liceo, poteva in tal modo intraprendere con i suoi compagni di scuola numerose iniziative culturali.
Nel 1974, una volta al mese, nella palestra del liceo opportunamente oscurata con delle tende, veniva proiettato e poi dibattuto un film; durante lo stesso anno venne messo su un gruppo teatrale per rappresentare l’atto unico Bellavita di Luigi Pirandello. L’anno successivo, quando già il circolo L’Incontro aveva iniziato la sua attività, quel gruppo teatrale avrebbe messo in scena L’arte della commedia di E. De Filippo, opera sicuramente più impegnativa della precedente.
Fu perciò naturale che coloro i quali avevano condiviso quella intensa attività culturale partecipassero alla nascita del circolo dove, ottenuta ormai la maturità scolastica, avrebbero potuto continuare a praticarla.
(…)
Dunque nel ’74 Peppuccio Tornatore, Mimmo Aiello e Nino Bari frequentavano ancora il liceo.
Già lo sappiamo, a scuola proiettavano un film al mese e organizzarono due recite. I film si facevano di mattina; non certo nei giorni di scuola allora, ma la domenica sì. Veniva lo stesso preside. Per cominciare si utilizzò il gabinetto di scienze; ma era piccolo, tutti quelli che venivano non potevano entrarci, bisognava attrezzare la palestra, oscurarla. Si fece una colletta. Con questa e con un contributo della scuola si acquistò del panno pesante. Fu la madre di Peppuccio Tornatore a tagliare quel panno e a cucire le tende per le finestre. E fu Peppuccio Tornatore a montarle a circa sei metri di altezza. Prese due scale e le unì, una sull’altra, con delle tavole di legno e del ferro filato. Le immobilizzò. Come fossero delle ossa rotte. Vi salì. Mimmo Aiello e Nino Bari tenevano quelle scale dal basso. Peppuccio Tornatore piantò sul muro gli occhi a vite e vi sistemò le bacchette di ferro delle tende.
La prima recita, Bellavita di Pirandello, fu scelta perché c’era un solo personaggio femminile. E una sola ragazza, in tutta la scuola, a voler salire su un palco. Almeno quella prima volta. Ma dov’era il palco? Venne costruito pezzo su pezzo con martello e chiodi. Peppuccio Tornatore e Nino Bari girarono tutti i cantieri aperti di Bagheria e chiesero tavole di legno e travi. Lo montarono così il palco e lo contornarono con un telo e vi fecero anche un fondale di carta dipinta. Così si poté rappresentare la commedia.
Tra il pubblico, naturalmente nella palestra del liceo dove era stato improvvisato il teatro, c’era un certo La Barbera. Egli era responsabile delle attività promozionali del teatro Massimo ed abitava nello stesso condominio del preside Spatafora ed era suo amico. Naturalmente era tra il pubblico proprio perché amico del preside. Alla fine di quella rappresentazione si complimentò e chiese: 
«Questo palco?»
«L’abbiamo costruito noi» disse Peppuccio Tornatore e alzò il telo scoprendo tavole, travi e conci di tufo.
La Barbera disse: «Per la prossima rappresentazione il palco ve lo mando io.»
Davvero lo mandò; era un palco modulare completo di buca per il suggeritore, scaletta e quinte. Fu utilizzato per rappresentare L’arte della commedia di Eduardo, l’anno successivo, quando già c’era il circolo.

Da: Biagio Napoli - Mimmo Aiello, Tornatore&Co. I ragazzi di via Sant’Angelo. Storia di un cineclub, Eugenio Maria Falcone Editore, Bagheria, 2009
Ringraziamo gli autori e l’editore per la gentile concessione.

 

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